Contro ordine.......
Ho deciso finalmente cosa andare a votare.....
Visto che s'adda fare facciamolo...
Ma senza turarci il naso....
L'EDITORIALE
L'abuso di potere
di EZIO MAURO
POICHE' «la sostanza deve prevalere sulla forma», secondo il nuovo comandamento costituzionale berlusconiano recitato dal presidente del Senato Schifani, il governo della Repubblica ha sanato ieri con una legge di comodo gli errori commessi dal Pdl, che avevano portato all´estromissione di Formigoni dalle elezioni in Lombardia e della lista berlusconiana a Roma.
Questo gesto unilaterale compiuto dalla maggioranza a tutela di se stessa può sembrare una prova di forza. È invece la conferma di un´atrofia politica di base e di vertice, che somma un vizio finale alle colpe iniziali, rivelando il vero volto che nei sistemi democratici assume la forza quando è senza politica, e fuori dalle regole che la disciplinano e la governano: l´abuso di potere.
Non c´è alcun dubbio che una competizione elettorale senza il principale partito è anomala, e il problema riguarda tutti i concorrenti (non solo gli esclusi), perché riguarda il sistema intero e il diritto dei cittadini di poter esercitare compiutamente la loro scelta, con tutte le parti in campo. Ma se il problema interpella tutti, le responsabilità di questa anomalia - che in forme diverse si è verificata a Roma e a Milano, con firme false e termini per la presentazione delle liste non rispettati - sono di qualcuno che ha un nome preciso: il Pdl. Non c´entra nulla il "comunismo", questa volta, e nemmeno c´entrano le "toghe rosse". È lo sfascio della destra che produce il suo disastro, perché quando la locomotiva della leadership non funziona più, e non produce politica, tutti i vagoni si arrestano, o deragliano senza guida.
Ora chi chiede a tutti i concorrenti di farsi carico del problema nato in Lombardia e nel Lazio, con un gesto di responsabilità politica condivisa nei confronti dell´avversario e del sistema, non ha mai nemmeno pensato di assumersi preliminarmente le sue responsabilità, ammettendo gli errori commessi, chiamandoli per nome, prendendosi la colpa. Non è venuto in mente al leader di dichiarare che si attendono le pronunce delle Corti d´Appello e dei Tar chiamati a dirimere con urgenza i due casi, e deputati a farlo, nella normalità democratica e istituzionale, e nella separazione dei poteri.
Nulla di tutto questo. Soltanto lo scarico delle responsabilità sugli altri, la tentazione della piazza, la forzatura al Quirinale, l´altra notte, con il Presidente Napolitano, nel tentativo di varare un decreto che intervenisse direttamente sulla normativa elettorale, riaprendo i termini ad uso e consumo esclusivo del partito berlusconiano. Quando il Capo dello Stato si è reso indisponibile a questa ipotesi, la minaccia immediata di due Consigli dei ministri, convocati e sconvocati tra la notte di giovedì e la mattinata di ieri. Una giornata in affanno, per il Premier, anche per il fermo "no" che ogni sua ipotesi di forzatura trovava da parte dell´opposizione, da Bersani a Di Pietro a Casini. Infine, l´abuso notturno del decreto, mascherato dalla forma "interpretativa", che va a leggere a posteriori nella mente del ministro le intenzioni di quando dettò le norme elettorali di procedura, ritagliando a piacere una soluzione su misura per gli errori commessi dalla destra a Roma e a Milano.
Le norme elettorali sono materia condivisa e indisponibile per una sola parte in causa, soprattutto quando opera a palese vantaggio di se stessa, sotto gli occhi di tutti, e per rimediare a quegli stessi suoi errori che violando le regole l´hanno penalizzata nella corsa al voto. Intervenire da soli, ex post, con norme retroattive, a meno di un mese dalla scadenza elettorale, scrivendo decreti che ricalcano clamorosamente gli sbagli commessi per cancellarli, è un precedente senza precedenti, che peserà nel futuro della Repubblica, così come pesa oggi nel logoramento delle normative, nella relativizzazione delle procedure, nella discrezionalità degli abusi, sanati a vantaggio del più forte. In una parola, questo abuso pesa sulla democrazia quotidiana che fissa la misura di se stessa - a tutela di ognuno - in passaggi procedurali che valgono per tutti.
Al Presidente del Consiglio non è nemmeno venuto in mente di consultare direttamente le opposizioni. Di chiedere un incontro congiunto con i suoi capi, di presentarsi dicendo semplicemente la verità, e cioè denunciando gli errori compiuti dal suo schieramento, assumendosene interamente la responsabilità come dovrebbe fare un vero leader, chiedendo se esiste la possibilità di un percorso condiviso di comune responsabilità per rendere la competizione completa e reale dovunque, nell´interesse primario dei cittadini elettori. Tutto questo, che dovrebbe essere un elementare dovere istituzionale e politico, è tuttavia inconcepibile per una leadership eroica e monumentale, che non ammette errori propri ma solo soprusi altrui, mentre prepara abusi quotidiani.
Quest´ultimo, con la falsa furbizia del decreto "interpretativo" (la legge da oggi si applica solo per gli avversari, mentre per noi stessi la si può "interpretare", accomodandola), completa culturalmente la lunga collana di leggi ad personam, che tutelano la sacralità intoccabile del leader, sottraendolo non solo alla giustizia ma all´uguaglianza con suoi concittadini. Anzi, è l´anello mancante, che collega la lunga serie di normative ad personam al sistema stesso, rendendolo in solido oggetto dell´arbitrio del potere: persino nelle regole più neutre, come quelle elettorali, scritte a garanzia soltanto e soprattutto della regolarità del momento supremo in cui si vota.
Nella concezione psicofisica del potere berlusconiano, la prova di forza rassicura il Premier, dandogli l´illusione di crearsi con le sue mani la sovranità stessa, fuori da ogni concerto con l´opposizione, da ogni limite di legge, da ogni controllo del Quirinale. Un´autorassicurazione che nasce dal prevalere della cosiddetta "democrazia sostanziale" rispetto a quella forma stessa della democrazia che sono le regole, la trasparenza e le procedure, vilipese a cavilli e burocrazia. Emerge dallo scontro, secondo il Premier, l´irriducibilità del potere supremo, che rompe ogni barriera di consuetudine e di norma se soltanto lo ostacolano, e non importa se la colpa è sua: anzi, da tutto ciò trae l´occasione di fondare un nuovo ordine di fatto, che basa sullo stato d´eccezione, fondamento vero della sovranità di destra.
Ma c´è, invece, qualcosa di crepuscolare e di notturno in questa leadership affannosa e affannata che usa la politica solo per derogare da norme che non sa interpretare nella regolarità istituzionale, mentre è costretta a piegarle su misura della sua necessità cogente e contingente, a misura di una miseria politica e istituzionale che forse non ha precedenti: e non può trovare complici. Le opposizioni, tutte, lo hanno capito. Molto semplicemente, un leader e uno schieramento che hanno bisogno di un abuso di potere in forma di decreto anche per poter continuare a fare politica, non possono avere un futuro.
© Riproduzione riservata (06 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica
Alla fine del giorno.
Alla fine di questa giornata, mentre quell’attimo di sole si rabbuia come se anche la meteorologia non potesse sfuggire alla metafora, non posso fare a meno di chiedermi una cosa: e se l’ondata di protesta, di rivolta contro il decreto salva Pdl e uccidi Costituzione, la reazione contro un totale stravolgimento delle regole e della legalità, fosse montata nei giorni scorsi, Napolitano avrebbe firmato il decreto senza nemmeno attendere le sentenze della magistratura?
Non c’è alcun dubbio che l’opposizione, anche quella più intransigente, almeno in apparenza, si è totalmente appoggiata a Napolitamo, senza pensare che anche il presidente ha a sua volta bisogno di appoggiarsi a qualcosa.
Ancora una volta ciò che rimane del ceto politico di opposizione ha sottovalutato la gravità di ciò che stava accadendo e sopravvalutato le proprie capacità di gestirlo all’interno delle solite e complicate mediazioni della stanze di potere. Non si è arreso alla necessità di fare appello ai suoi elettori visto che i suoi numeri e lo sguaiato cinismo degli avversari, non gli consentono altre chances.
E non mi si venga a parlare di real politik, perchè questa era l’occasione in cui si poteva mettere in seria difficoltà il caimano e i suoi compari, visto che lo stesso elettorato di destra, vittima delle divisioni e dell’inettitudine dei suoi, si è trovato confuso, deluso e incerto.
Ma non si è ritenuto di anticipare le mosse della maggioranza, ci si è lasciati trainare dagli eventi, ben sapendo che dopo si può solo protestare. E ora ci troviamo con un decreto che è un insulto alle istituzioni e a un minimo di buon senso. E soprattutto con un provvedimento potenzialmente esplosivo che continuerà ad iniettare a lungo veleno nella vita del Paese. Con un precedente pericolosamente vicino alle forme del classico golpismo sudamericano.
E del resto abbiamo un non partito con un elettorato e un partito che sembra quasi voler fare a meno dell’elettorato. Un miscuglio insensato in cui il caudillismo trova un habitat favorevole.
Fine dello sfogo
Alla fine di questa giornata, mentre quell’attimo di sole si rabbuia come se anche la meteorologia non potesse sfuggire alla metafora, non posso fare a meno di chiedermi una cosa: e se l’ondata di protesta, di rivolta contro il decreto salva Pdl e uccidi Costituzione, la reazione contro un totale stravolgimento delle regole e della legalità, fosse montata nei giorni scorsi, Napolitano avrebbe firmato il decreto senza nemmeno attendere le sentenze della magistratura?
Non c’è alcun dubbio che l’opposizione, anche quella più intransigente, almeno in apparenza, si è totalmente appoggiata a Napolitamo, senza pensare che anche il presidente ha a sua volta bisogno di appoggiarsi a qualcosa.
Ancora una volta ciò che rimane del ceto politico di opposizione ha sottovalutato la gravità di ciò che stava accadendo e sopravvalutato le proprie capacità di gestirlo all’interno delle solite e complicate mediazioni della stanze di potere. Non si è arreso alla necessità di fare appello ai suoi elettori visto che i suoi numeri e lo sguaiato cinismo degli avversari, non gli consentono altre chances.
E non mi si venga a parlare di real politik, perchè questa era l’occasione in cui si poteva mettere in seria difficoltà il caimano e i suoi compari, visto che lo stesso elettorato di destra, vittima delle divisioni e dell’inettitudine dei suoi, si è trovato confuso, deluso e incerto.
Ma non si è ritenuto di anticipare le mosse della maggioranza, ci si è lasciati trainare dagli eventi, ben sapendo che dopo si può solo protestare. E ora ci troviamo con un decreto che è un insulto alle istituzioni e a un minimo di buon senso. E soprattutto con un provvedimento potenzialmente esplosivo che continuerà ad iniettare a lungo veleno nella vita del Paese. Con un precedente pericolosamente vicino alle forme del classico golpismo sudamericano.
E del resto abbiamo un non partito con un elettorato e un partito che sembra quasi voler fare a meno dell’elettorato. Un miscuglio insensato in cui il caudillismo trova un habitat favorevole.
Fine dello sfogo
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Il decreto stravolge le regole non le interpreta.
di Ferdinando Imposimato [06/03/2010]
Il decreto ("salva-lista" n.29 del 5 marzo 2010) stravolge le regole non le interpreta. In claris non fit interpretatio. La legge chiara non richiede interpretazione, specie da chi è parte in causa, come il governo. In questo caso la legge elettorale vigente era chiara: poneva un termine perentorio per la consegna delle liste; tale termine è stato violato. A mio sommesso avviso, il Presidente della Repubblica non poteva firmare il decreto, che non spiega ma introduce una nuova regola , stravolgendo, a vantaggio di una parte, quella esistente : la nuova regola è che la presenza di una persona nell'ufficio elettorale equivale a consegna della lista elettorale. Un assurdo : si viola la legge attraverso un'altra legge che introduce una regola sbagliata . Questo significa cambiare le regole del gioco, mentre la partita è in corso. Ciò non è ammissibile. Chi detiene il potere cerca di mantenerlo violando le regole . Non c'è più alternanza. Di qui la dittatura. L’essenza delle libertà civili consiste nel diritto di ogni uomo di rivendicare la protezione delle leggi, tra cui la legge elettorale. La libertà nelle democrazie tende a proteggere il cittadino dall’oppressione attraverso le leggi. La certezza del diritto viene meno perché il continuo mutamento dello stato delle leggi rende i comandi poco affidabili. Le leggi, come il decreto emanato, sono sempre più settoriali e parziali, favorendo alcuni e danneggiando tutti gli altri. Rousseau affermava che la libertà «è fondata dalla legge e nella legge». «Nessuno di voi è così poco illuminato da non sapere che là dove viene meno il vigore delle leggi , non vi può essere né sicurezza né libertà per nessuno». E concludeva: «La libertà segue sempre la sorte delle leggi fondamentali, essa regna e perisce con queste; nulla mi è noto con maggiore certezza». Il punto essenziale è questo: siamo liberi quando obbediamo a leggi generali e uguali per tutti e non a leggi personali cambiate dai governanti- padroni per i loro comodi. Una democrazia «senza quella autolimitazione che è il principio di legalità si autodistrugge». In questo caso si è creato un vantaggio non giustificato a favore di un partito che non ha rispettato il termine, rispetto ad altri partiti che lo hanno rispettato.
Il giudice del TAR che deve applicare il decreto dovrebbe sollevare la questione di Costituzionalità per violazione del principio che la legge è uguale per tutti (art 3). Noi confidiamo che lo faccia.